DICEMBRE 2008 - Scheda 06 -

 

«Chi non vuole
lavorare,
neppure mangi»
2Ts 3,10

IN ASCOLTO

Il Tempo d’Avvento ci porta a meditare il mistero dell’Incarnazione. Tra i valori da riscoprire c’è
quello di passare dalle parole ai fatti: Cristo si è fatto carne e ha messo la tenda tra noi. L’esortazione di Paolo proposta, molto cara anche a don Alberione, ci aiuti a vivere meglio il tempo liturgico dell’Avvento, caratterizzato anche dalla riscoperta dei valori della sobrietà, adattabilità, laboriosità, dalla spiritualità di passare dalle belle intenzioni a scelte concrete sulla linea della responsabilità personale e comunitaria.


«Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani
da ogni fratello che conduce una vita disordinata, non secondo l’insegnamento che vi è stato trasmesso da noi. Sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi». 2Ts 3,6-10
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Per un eventuale incontro di preghiera comunitaria
o per approfondimenti proponiamo anche i seguenti brani:
Sir 11,20-26, 2Cor 6,1-10, Gal 6,1-10 e il salmo 127(126)
come risposta e affidamento a Dio del nostro lavoro.

LA PAROLA CI INTERPELLA

Nei libri dell’Antico Testamento non mancano molteplici riferimenti al lavoro umano, alle singole
professioni esercitate dall’uomo: così per es. al medico, al farmacista, all’artigiano-artista, al fabbro
– si potrebbero riferire queste parole al lavoro del siderurgico d’oggi –, al vasaio, all’agricoltore, allo studioso, al navigatore, all’edile, al musicista, al pastore, al pescatore. Sono conosciute le belle parole dedicate al lavoro delle donne. Gesù Cristo nelle sue parabole sul Regno di Dio si richiama costantemente al lavoro umano: al lavoro del pastore, dell’agricoltore, del medico, del seminatore, del padrone di casa, del servo, dell’amministratore, del pescatore, del mercante, dell’operaio. Parla pure dei diversi lavori delle donne.
Presenta l’apostolato a somiglianza del lavoro manuale dei mietitori o dei pescatori. Inoltre, si riferisce anche al lavoro degli studiosi.
Questo insegnamento di Cristo sul lavoro, basato sull’esempio della propria vita durante gli anni di Nazareth, trova un’eco particolarmente viva nell’insegnamento di Paolo Apostolo. Paolo si vantava di lavorare nel suo mestiere (probabilmente fabbricava tende), e grazie a ciò poteva pure come apostolo guadagnarsi da solo il pane. «Abbiamo lavorato con fatica e sforzo, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi» (2Ts 3,8). Di qui derivano le sue istruzioni sul tema del lavoro, che hanno carattere di esortazione e di comando: «A questi ... ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace», così scrive ai Tessalonicesi. Infatti, rilevando che «alcuni» vivono disordinatamente, senza far nulla, l’Apostolo nello stesso contesto non esita a dire: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi».
In un altro passo invece incoraggia: «Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che quale ricompensa riceverete dal Signore l’eredità».
Gli insegnamenti dell’Apostolo delle Genti hanno, come si vede, un’importanza-chiave per la morale e la spiritualità del lavoro umano. Essi sono un importante complemento a questo grande, anche se discreto, Vangelo del lavoro, che troviamo nella vita di Cristo e nelle sue parabole, in ciò che Gesù «fece e insegnò».
In base a queste luci emananti dalla Sorgente stessa, la Chiesa sempre ha proclamato ciò di cui troviamo l’espressione contemporanea nell’insegnamento del Vaticano II: «L’attività umana, invero, come deriva dall’uomo, così è ordinata all’uomo. L’uomo, infatti,quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma perfeziona anche se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più
delle ricchezze esteriori che si possono accumulare ...
Pertanto, questa è la norma dell’attività umana: che secondo il disegno e la volontà di Dio essa corrisponda al vero bene dell’umanità, e permetta all’uomo singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione» (Gaudium et spes, 35).

GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Laborem Exercens, 26

IN CONFRONTO CON IL FONDATORE

In più interventi don Alberione richiama i propri figli all’importanzadel lavoro, sia esso lo studio, l’attività apostolica, la preghiera. Riportiamo a seguire alcuni brani, invitando tutti a riprendere il testo dell’opuscolo “Il lavoro nelle famiglie paoline” scritto da don Alberione nel 1954-1955 (CISP 1077- 1096), riportato in piccola parte nella pagina successiva.
«Come potremmo dire di fare l’apostolato, se ce ne rimanessimo con le braccia conserte? Non è così che fecero i nostri grandi Maestri; non è così che fece il nostro Padre san Paolo. Bisogna che ce lo fissiamo bene in mente: dobbiamo lavorare! Lavorare
per vivere, lavorare per l’apostolato. Si dirà che ci si consuma la vita. È vero, ma la vita si consuma per tutti: ed in generale coloro che vivono di più sono proprio i grandi lavoratori… Procuriamo di realizzare l’ideale per cui il Signore ci ha creati e per cui ci volle in questo stato aiutandoci con innumerevoli grazie. Solo in questo modo potremo dire con verità, come san Paolo, sul letto di morte: “Cursum consummavi” (2Tm 4,7)».
Collezione cisclostilata FSP, Pr A 21

«La vita religiosa non può essere l’aspirazione di chi vuol vivere senza faticare; di chi non lavora; di chi si rifugia ed accetta la vita del convento per evitare la sua parte di combattimento nell’apostolato. La vita religiosa ben intesa e meglio vissuta è quella praticata da Gesù Cristo, da Maria Santissima, da San Giuseppe. La vita veramente
religiosa implica la maggiore attività: il lavoro di santificazione, la preghiera, lo zelo, la
necessità di essere della schiera che è a disposizione del Papa per le opere di carattere generale...
È la vita più faticosa, e costituisce una continuata abnegazione e redenzione.
Il consiglio e concetto di povertà, come lo ha praticato e predicato Gesù Cristo, è costituito da due elementi, come ogni comandamento: uno negativo e l’altro positivo: abnege et sustine. È proibita l’amministrazione e l’uso indipendente, e di far proprio il frutto dell’attività; ed il religioso di voti solenni è incapace di possedere. È invece comandato il lavoro e gli uffici, secondo lo spirito e le Costituzioni; come pure vi è obbligo di aver cura delle cose di proprietà dell’istituto e dei mezzi tecnici (art. 237), “che diventano come sacri nella divulgazione del Vangelo e della dottrina della Chiesa, e secondo il loro uso e perfezione daranno frutti più copiosi”. Questo, dai libri alla penna, alla macchina, agli apparecchi, ecc. (Art. 239): “Il lavoro tecnico per l’apostolato diventa come sacro...”. Ma l’opera dell’uomo nel lavoro è sempre più nobile et pretio aestimabilis che il capitale e lo strumento di lavoro. […] La vita religiosa per i pigri è sotto un aspetto una disgrazia grossa; essi non hanno l’intelligenza soprannaturale del lavoro e lo sfuggono (e chi non può inventare pretesti per dispensarsene?) sapendo che per l’ora del pasto sarà pronta
la mensa. Se fossero stati nel mondo avrebbero lavorato per la legge della necessità... ed avrebbero un conto meno grave da rendere a Dio, e darebbero meno scandalo in comunità, e sarebbero più virtuosi». CISP 184-185

PER LA NOSTRA VITA PAOLINA

DOMANDE
1. Mi sento inserito, secondo le mie forze e capacità, nel grande progetto di evangelizzazione voluto da don Alberione e approvato dalla Chiesa?

2. Sento veramente di essere al servizio dell’apostolato e della missione della mia Congregazione o pretendo piuttosto che la Congregazione sia al mio servizio?

3. Valorizzo bene il tempo, le mie capacità, le risorse che ho a disposizione? Collaboro con chi mi è accanto o, se sono in situazione di impossibilità, li sostengo con la mia preghiera e l’offerta delle mie sofferenze? Mi sento unito per un medesimo ideale?

IMPEGNO

* Rendersi disponibile per qualche impegno comunitario e dare il proprio contributo concreto per migliorare, secondo le possibilità di ciascuno, la vita fraterna.

IN PREGHIERA

Signore Gesù, ti ringrazio per i doni che mi hai dato.
Fa’ che io li sappia usare responsabilmente nell’apostolato che ci hai affidato.
Benedici la mia creatività, le mie idee, le mie energie,
così che anche nelle piccole azioni quotidiane io sappia dare lode e onore a te.
Ottienimi la grazia di lavorare coscienziosamente, con gioia e gratitudine,
considerando un onore la possibilità di impegnare e sviluppare quanto ho ricevuto.

Fa’ che ogni mia attività sia portata avanti con purezza di intenti e con distacco
da me stesso per collaborare degnamente alla realizzazione del tuo regno.
Quando sono stanco, dammi forza per continuare e il tuo Spirito mi illumini.
E se qualche delusione arriva, dammi l’umiltà di accettarla e di poter affermare
di avere operato sempre e solo a maggior tua gloria e per la pace del mondo intero. Amen

 

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