Un tentativo di ricostruzione
La corrispondenza tra Paolo e i Corinzi
Prima di ricostruire il possibile sfondo della seconda
lettera ai Corinzi, ci sembra opportuno richiamare quanto già
dicevamo lo scorso anno, in riferimento alla relazione tra Paolo e i
cristiani di Corinto.
L'apostolo scrisse ai Corinzi più lettere che a
qualunque altra chiesa. Il Nuovo Testamento ne contiene solo due, ma
queste ne citano almeno altre due, la "lettera precedente" (1Cor 5,9) e la "lettera delle lacrime" (2Cor 2,4). Se a ciò si aggiunge il fatto che molto
probabilmente la seconda lettera ai Corinzi è la fusione di tre
distinti scritti, il numero delle missive aumenta. Qualcuno, forse
esagerando un poco, ha ipotizzato ben nove lettere tra Paolo e la
comunità.
Personalmente penso che ci siano buoni motivi per ritenere la 1Cor uno scritto unitario e la 2Cor la fusione di tre scritti, tra i quali una parte
della citata "lettera delle lacrime". In questa sede, facciamo nostra
l'ipotesi (attenzione! Resta pur sempre una "ipotesi"!), secondo la quale
Paolo avrebbe scritto cinque lettere ai Corinzi, secondo
quest'ordine:
1) la "lettera precedente" (1Cor 5,9) andata perduta;
2) la prima lettera ai Corinzi;
3) la "lettera delle lacrime",
contenuta in parte in 2Cor 10-13, dopo una seconda visita alla comunità;
4)
la lettera contenuta in 2Cor 1-7, dopo la mediazione di Tito;
5) lo scritto
relativo alla colletta contenuto in 2Cor 8-9.
La sintesi, di cui sopra, serve per
ricostruire un'ipotetica cornice all'interno della quale collocare gli
episodi della lettera di nostro interesse, ma non saremmo onesti se non
precisassimo che questa ricostruzione lascia aperti interrogativi e
incertezze, prima di tutto di ordine storico (abbiamo pochi elementi per
ricostruire come siano andati realmente i fatti) e poi di ordine
letterario (è abbastanza unanime l'individuazione di tre distinti blocchi
tra 2Cor 1-7, 2Cor 8-9 e 2Cor 10-13, ma è difficile definire l'ordine con cui
essi sono stati scritti e ricomposti).
La " Lettera dei quattro capitoli " : 2Cor
10-13
Le situazioni a cui fanno riferimento la prima e la
seconda lettera sono profondamente diverse. Stando a 1Cor 16,5-9 Paolo si propone di rimanere a Efeso fino a
Pentecoste. Pensa, quindi, di recarsi in Macedonia per poi scendere
a Corinto. Nel frattempo, però, per far fronte ai problemi della comunità,
invia Timoteo quale suo delegato.
Giunto a Corinto con la lettera (1Cor), Timoteo si rende subito conto che le cose non
vanno. I problemi citati nell'epistola, di cui egli è latore, sono poca
cosa di fronte a quanto egli si trova a constatare. L'atteggiamento di
alcuni fratelli rischia di trasformare le indicazioni dell'apostolo in
lettera morta: essi screditano Paolo e, di fatto, stanno avendo un grande
impatto sulla comunità... Ma questo è ancora poco: essi distorcono
l'annuncio del Vangelo. Il problema è che si tratta di fratelli in
vista: persone agiate, presso le quali si raccoglie la comunità, persone
dotate di evidenti carismi, responsabili che godono la stima di altre
Chiese (probabilmente Antiochia e Gerusalemme), uomini ben
formati.
Informato della cosa, Paolo cambia i suoi progetti e si
presenta a Corinto. È pronto all'impatto, ma probabilmente non immagina
che la situazione, in così poco tempo, sia potuta degenerare tanto.
La sua visita sembra risolversi in un "disastro" dal punto di vista umano,
un fallimento e un'umiliazione per l'apostolo.
Paolo viene affrontato a
viso aperto davanti a tutta la comunità, da quelli che egli chiamerà
ironicamente "superapostoli"; viene accusato di debolezza,
addirittura di furto (egli prenderebbe dalla colletta quanto rifiuta
dai fratelli), insultato come un apostolo da quattro soldi che non sa
parlare, giudicato come un incapace e un battitore libero che non ha il
sostegno delle Chiese e nemmeno di Dio. La prova di tutto questo? Le
continue persecuzioni a cui è soggetto. Tra gli oppositori, uno sembra
farsi portavoce per gli altri.
Come reagisce Paolo? Se ne va,
rinunciando a difendersi e portando Timoteo con sé.
Ma non passa molto
tempo e i Corinzi si trovano di fronte Tito che reca un altro scritto
dell'apostolo. La scelta del mediatore è ponderata: Tito è un uomo di
polso, capace di diplomazia e fermezza, ma è soprattutto il discepolo
greco non circonciso, ben radicato nel Vangelo, testimone di prima mano
del famoso incontro di Gerusalemme narrato in Gal 2,1 - 10 e in At 15. La lettera che porta con sé - lo si recepisce
perfettamente – intreccia parole di fuoco e sentimenti vivi di
un affetto provato e sofferto. Da qui nasce l'ipotesi che essa possa
offrire uno stralcio di quella lettera andata perduta, nota come
"lettera delle lacrime". Sono i capitoli 10-13 dell'attuale 2Cor. Sono capitoli preziosi per ricostruire la
questione. Paolo smaschera la situazione senza mezzi termini: talento,
lettere di raccomandazione, titoli di vanto, esibizione di esperienze
estatiche sono lo "specchietto per le allodole" che ha indotto molti a
rifiutare la sua autorità, per aggrapparsi a "superapostoli" che
assicurano un futuro più certo e un'esperienza di Dio più "a fior di
pelle".
Le parole di Paolo strappano la maschera ai suoi avversari e
aprono gli occhi sull'identità del vero apostolo. Con una certa reticenza,
Paolo esibisce le sue "credenziali": nessun talento, ma la scienza intima
e viva del Vangelo; nessuna lettera di raccomandazione, ma la gratuità
dell'annuncio; molti titoli di vanto, ma l'unico che merita di essere
sottolineato è quello che la comunità rifiuta: la debolezza; esperienze
estatiche forti, ma proprio perché tali custodite nel silenzio. La
comunità deve scegliere.
La " lettera della consolazione ": 2Cor 1-7
Che effetto ha la lettera di 2Cor 10.13? Ha l'effetto di una forte scossa. La
comunità si ricompone; i fratelli agiscono con radicalità con chi ha
affrontato Paolo; molti attendono con ansia l'annunciato ritorno
dell'apostolo (2Cor 1,15-16).
Ma Paolo non torna. Questo suo
silenzio inquieta non poco i Corinzi e qualcuno ne approfitta per
affermare che Paolo è una banderuola al vento: dice una cosa e ne fa
un'altra. Scrive "sì" e fa "no". Aveva promesso di tornare e non è
tornato. Paolo, invece, si trova in brutte acque: tornato a Efeso,
rasenta la morte (2Cor 1,8-11). Probabilmente viene messo in prigione e
condannato, grazie alle pressioni di quanti anche a Efeso lo considerano
una persona scomoda, che intralcia i loro interessi. La deposizione
improvvisa del proconsole e il nuovo panorama politico della città annulla
la sentenza a suo carico e permette a Paolo di ritrovare la
libertà.
Scampato il pericolo, Paolo si dirige verso Troade, sperando
di trovarvi Tito, di ritorno da Corinto. Vuole avere notizie circa la
comunità. Questi, però, per consolidare un poco i fratelli ritiene
opportuno intrattenersi più del previsto. In pena per tale ritardo,
Paolo si incammina verso la Macedonia incontrando solo lì il discepolo. Da
tale incontro, che rassicura e consola Paolo, scaturisce una nuova lettera
che prepara il viaggio di Paolo a Corinto: sono i capitoli 1-7 di quella
che oggi è la seconda lettera ai Corinzi. Paolo ricostruisce tutto quello
che gli è successo (2Cor 1,8-11) giustificando i motivi del suo ritardo
(2Cor 1,23-2,2). Anche in Macedonia le cose non vanno
molto bene (2Cor 7,5-6), ma la consolazione della ritrovata
comunione con i Corinzi vale per Paolo più di ogni altra cosa ed egli ne
approfitta per puntualizzare i tratti che sono a fondamento del ministero
apostolico.
L'apostolo
e i suoi avversari
Gran parte della seconda lettera ai
Corinzi gioca sul confronto tra i "superapostoli" e Paolo, precisando i
tratti che qualificano l'autentico ministero apostolico. Può essere
significativo, in questa sede, ricostruire l'identità degli avversari di
Paolo e gli argomenti che quest'ultimo utilizza per screditare le loro
posizioni.
Gli avversari
Affrontati da
Paolo senza mezzi termini, vengono definiti come falsi apostoli, operai
fraudolenti, ministri che distorcono il Vangelo, pagliacci che, come
Satana, si mascherano da angeli di luce, uomini stolti, schiavisti che
divorano, sfruttano, usano arroganza e violenza, mercanteggiano la Parola
di Dio, predicano se stessi, facendosi latori di un ministero di morte e
di un annuncio che reca in sé la pesantezza della pietra e
l'inflessibilità della legge.
Chi sono questi avversari di Paolo?
Perché tanta veemenza da parte dell'apostolo?
Gli avversari sono
credenti che seminano confusione nelle comunità fondate da Paolo e che
mettono in atto tutte le strategie possibili per screditare la sua persona
e il suo annuncio. Giudei di origine, non accettano l'apertura delle
comunità al mondo pagano. In discussione non c'è solo la questione della
fede o della circoncisione.
C'è molto di più: c'è la questione
cristologica. Per Paolo Gesù non è solo l'uomo accreditato da Dio che
compie l'attesa messianica; Gesù è molto di più: egli è l'immagine di Dio
(2Cor 4,4), colui sul cui volto rifulge la gloria divina
(2Cor 4,6). Questo gli avversari non lo
accettano.
Vera "spina nella carne", i falsi apostoli inseguono Paolo
dovunque egli predica e, appena lascia le comunità per dirigersi altrove,
vi entrano, traendo dalla loro parte i responsabili e generando
confusione.
Inviati dalle frange più estremiste della comunità di
Gerusalemme e di Antiochia, abili nel parlare e nel convincere, attaccano
l'apostolo definendolo un impostore, un illustre sconosciuto, un
poveraccio che non ha credito presso gli apostoli, un profano nell'arte
del parlare; uno che, stringi stringi, non si fida delle stesse comunità
da lui fondate, visto che non accetta alcuna forma di dipendenza
economica; uno che nemmeno Dio accredita, visto che lo espone
continuamente a esperienze di persecuzione e di rifiuto.
L'
apostolo
Di fronte alla minaccia rappresentata dagli
avversari, Paolo si sente in dovere di reagire, delineando senza sconti le
qualità del vero apostolo e la logica che accompagna il suo
ministero.
Un apostolo non può che ricalcare i lineamenti del Cristo:
la sua gratuità, il rifiuto di ogni ostentazione, l'esperienza della forza
che opera nella debolezza, l'attenzione ai singoli e alla comunità tutta
che, lungi dall'essere presa poco in considerazione, è la vera lettera
inviata al mondo, una lettera scritta con lo Spirito del Dio vivente,
conosciuta e letta da tutti gli uomini.
I fratelli che Paolo ha
generato alla fede sono suo vanto e tempio del Dio vivente.
Rivolgendosi ai credenti l'apostolo precisa: «Tutto è per voi, perché la
grazia ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi
l'inno di lode alla gloria di Dio» (2Cor 4,15). Il vero apostolo non è colui che è abile nel
parlare, colui che suscita gli applausi delle folle e le convince con
segni prodigiosi o esperienze estatiche, ma colui che è cosciente di
portare un tesoro in vasi di creta perché in ogni esperienza appaia che la
potenza che agisce attraverso il suo annuncio viene da Dio.
Circa il
ministero apostolico, essendo un ministero guidato dallo Spirito e non da
obiettivi umani, ripercorre le vie incarnate da Cristo. È segnato dalla
tribolazione, dalla debolezza, dalla persecuzione, dalla morte stessa...
ma l'amore che lo abita, in ognuna di queste circostanze, rappresenta
un'anima feconda e indistruttibile che porta Paolo a gridare: «Siamo
tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non
disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi,
portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Cristo, perché
anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale» (2Cor 4,8-11).
Come bene si esprime il biblista
Patrizio Rota Scalabrini: «L'apostolato è un altissimo e terribile
compito che trascende - e Paolo ne è pienamente cosciente - le capacità
umane e che richiede all'apostolo di non essere un "kàpelos", cioè un oste
di infimo livello che offre vino adulterato. Al contrario, egli è davvero
autentico apostolo, che non opera alcuna contraffazione della Parola di
Dio, perché mosso da sincerità da parte di Dio e che sempre agisce alla
presenza divina, in comunione costante con Cristo. Qui si radica la
fecondità del suo ministero, il suo spandere dappertutto il buon profumo
della conoscenza di Cristo».
DON GIACOMO PEREGO
SSP
Per
approfondire
Per chi desidera avere una panoramica introduttiva circa
la seconda lettera ai Corinzi suggerisco i numeri 5-6 della rivista Parole di vita del 2002.
I diversi interventi affrontano le
questioni relative ai problemi storici e letterari della lettera e offrono
un commento alle sezioni più significative.
Per ulteriori
approfondimenti si possono consultare i commentari, gli studi e i testi di
spiritualità biblica indicati di
seguito.
Commenti
- B. CORSANI, La
seconda lettera ai Corinzi. Guida alla lettura (Piccola collana
moderna), Claudiana, Torino 2000. - F. MANZI, Seconda lettera ai
Corinzi (I libri biblici), Paoline, Milano 2002. - A. PITTA
(cur.), La seconda lettera ai Corinzi (Commenti biblici), Borla,
Roma 2006. - M.E. THRALL, Seconda lettera ai Corinzi. Vol. 1.
Commento ai capitoli 1-7, Paideia, Brescia 2007.
Studi
- J. J.Murphy-O'Connor, La teologia della seconda
lettera ai Corinzi, Paideia, Brescia 1993.
- J. Murphy-O'Connor, Paolo. Un uomo inquieto, un apostolo insuperabile, San Paolo,
Cinisello Balsamo 2007.
- J. Murphy O'Connor Paolo e Gesù. Vite
parallele, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008.
Commenti spirituali
- M. Orsatti, Armonia e tensioni nella comunità (Lettura pastorale della Bibbia), Dehoniane, Bologna 1998.
- C.M.
MARTINI, Paolo nel vivo del ministero, Ancora, Milano 1999. C.M.
MARTINI, La debolezza è la mia forza. Meditazioni sulla seconda
lettera ai Corinzi, Piemme, Casale Monferrato 2000.
- I. GARGANO, Lectio divina sulla seconda lettera ai Corinzi (Conversazioni
bibliche), Dehoniane, Bologna 2006
Per
la meditazione e la preghiera
Ogni giorno,
insieme con i brani della Parola di Dio, tratti dalla seconda lettera ai
Corinzi, sono proposti:
La parola del Fondatore è
tratta dal volume "Apostolato Stampa", edito in Alba nel 1933. Notevole il
visto in ultima pagina: "Visto, non solo si permette, ma si raccomanda
vivamente la stampa. Alba, 10 giugno 1933. Mons. F. Chiesa, Amm. Ap.». Si
tratta di un libro originale e programmatico per la Famiglia Paolina. II
libro viene poi rieditato "in parte preponderante" nell'Apostolato
dell'edizione, 1944. Le preghiere, al termine di ogni
giorno, sono del beato Giacomo Alberione. La citazione in calce rimanda
all'opera da cui sono tratte. In Appendice vengono
riportati brani di meditazioni del beato Alberione, tenute alle diverse
istituzioni della Famiglia Paolina.
pag.12
(il testo completo è di pag.71)
******
Da pag.65 a pag.68 del testo
Alle Annunziatine (MCS, pp. 184ss)
"IL PROFUMO DI CRISTO
OVUNQUE!"
Verginità e maternità spirituale, qui è il grande segno
dell'amore particolare che il Signore ha per voi.
Potersi consacrare a
Dio con abiti comuni e vita libera, nel senso che è diversa dalla vita
comune propriamente detta, è uno stato preziosissimo, più prezioso di
quello che vivono le suore; perché voi sotto un certo aspetto vivete in
maggiori pericoli ed è molto più difficile osservare la castità,
l'obbedienza, l'apostolato nell'ambiente in cui si vive, nelle varie
attività della giornata, nelle varie occasioni e nei vari luoghi. Sì,
portare quindi la vita di perfezione nel mondo, in mezzo alla famiglia: ci
sarà la mamma, ci sarà il papà, ci saranno i fratelli. Essere le prime
nella parrocchia, nelle attività di zelo, per esempio, nell'Azione
Cattolica, nelle attività catechistiche, in ogni ambiente, anche nella
fabbrica, anche negli uffici. La vita di perfezione, il profumo di Cristo
ovunque! Gli altri potranno anche ridere, anche insultare, ma il loro
ridere non viene dal cuore. Essi, vedendo la virtù, piuttosto ammirano
anche se non lo manifestano. La vita di perfezione non chiusa nel
convento, ma portata in tutti i luoghi, in tutti gli ambienti, anche se
uno esercita un commercio, anche se è operaio in una grande fabbrica,
anche se deve stare magari tutto il giorno nel negozio perché quello è il
suo piccolo lavoro da compiere. E quante volte è sacrificio stare lì e
privarsi della gioia di vivere fra quattro mura di un convento!
Il
secondo segno del grande amore che il Signore ha per voi è che potete
esercitare tutti gli apostolati che sono possibili e adatti alle vostre
particolari condizioni. Se c'è una maestra esercita l'apostolato nella
scuola; un'operaia lo esercita nel suo ambiente e nelle associazioni varie
a cui forse è iscritta; così se è in famiglia, o in un ambiente più
facile, o in un ambiente più difficile. Tutti gli apostolati! Noi, in
primo luogo, consigliamo gli apostolati della stampa, del cinema, della
radio e della televisione; però tutti gli apostolati sono validi, nessuno
è escluso. Ognuna si sceglie il suo, secondo le circostanze di luogo e di
tempo, secondo le sue inclinazioni e attitudini. Lavorare per le anime, il
Signore vi mette in mano tante anime! (...)
I membri degli Istituti
Secolari sono il lievito della società in tutta la massa di uomini, nella
quale fanno lievitare lo spirito cristiano, portano pensieri di Dio,
portano la loro preghiera, portano la loro parola, portano il loro buon
esempio. Essi fanno lievitare la società in senso cristiano. Se avessimo
tante di queste anime un po' in tutto l'ambiente sociale, dalla parrocchia
e dalla famiglia alla politica, alla camera dei deputati, ai giornalisti,
a quelli che fanno gli spettacoli specialmente di cinema, di radio, di
televisione, la massa della società sarebbe lievitata.
Poi il Papa
paragona ancora l'azione dei membri degli Istituti Secolari al sale. Il
sale purifica, dà gusto, preserva dalla corruzione. Il sale messo in una
grande pentola di minestra, supponiamo, si scioglie e rende gustose tutte
le molecole, tutte le particelle di quel cibo. Così i membri degli
Istituti Secolari penetrano in tutte le parti della società e portano la
loro luce, il loro senso cristiano, il loro buon esempio, il buon odore di
Cristo.
Come vivere l'esercizio di preghiera
Condizione fondamentale nell'itinerario degli esercizi è accogliere
l'invito a riflettere sull'esperienza vissuta nella preghiera, per essere
in grado di discernere dove ci conduce lo Spirito. Di qui l'importanza dei
vari esercizi di preghiera che scandiscono il ritmo della giornata, e
delle modalità con le quali essi si vivono.
Facciamo nostri alcuni
suggerimenti pratici, che ci vengono dai maestri di spirito specialisti in
materia:
* Scelgo il luogo della preghiera
(il luogo, cappella o camera, che meglio favorisce l'ascolto di
Dio);
*in preghiera presento a Dio il
desiderio che porto in
cuore (questo per stabilire l'incontro dialogico con il Signore , mancando
il quale tutto potrebbe ridursi ad esercizio
intellettuale);
*consegno tutta la mia persona a Gesù Maestro e
Pastore, in ascolto e dialogo:
- leggo il brano proposto, lo rileggo, cerco di capire cosa il
Signore mi vuole comunicare: è l'incontro della mente con
Gesù-Verità;
- rileggo il brano evidenziando come il Signore
mi parla, fino a quando qualche parola mi coinvolga pienamente: è
l'incontro del cuore con Gesù-Vita;
- chiedo al Signore di indicarmi la modalità per
aderire a quanto mi sta comunicando: è l’incontro della volontà con
Gesù-Via;
* ringrazio, con Maria,
con san Paolo, con don Alberione, con...
* verifico l'esercizio di preghiera. Faccio
emergere pensieri, sentimenti e decisioni...
---------
Scrive
Teofane il Recluso: «Quando pronunciate la vostra preghiera, cercate di
fare in modo elle esca dal cuore. Nel suo vero senso, la preghiera non è
altro che un sospiro del cuore Verso Dio; quando manca questo slancio, non
si può parlare di preghiera» (cf Spidlìk, L'arte di purificare
il cuore, Lipa, p. 79).
SCHEMA PER L'ESAME DI COSCIENZA
Con lo sguardo rivolto a Gesù crocifisso che mi ha amato da sempre, mi
ama in questo istante, mi attende per offrirmi il perdono e portarmi
nell'abbraccio riconciliante col Padre, mi dispongo ai seguenti passi:
* Conoscenza
Chiedo il dono di conoscere
la mia realtà. È l'azione della grazia di Dio in me, che mi rende
capace di conoscere la ricchezza dei doni ricevuti e anche la
consapevolezza di portare «questo tesoro in vasi di creta» (2Cor 4,7).
* Riconoscenza
Mi apro
al grazie! Mi pongo davanti alla mia vita riconoscendomi figlio
amato e atteso per l'abbraccio del Padre, e compio il mio memoriale
d'amore.
* Coscienza
Riconosco il mio peccato e
manifesto il mio dolore. Il Signore mi chiede di cooperare al
dono della conversione e di essere attivamente impegnato nel cambiamento
che mi propone. Come ho vissuto il "grazie", ora scopro i segni della mia
ingratitudine, che è il mio peccato.
* Ripartenza
Mi impegno insieme con Dio. «Se uno è in
Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono
nate di nuove» (2Cor 5,17).
2009 Conosci
tuo Padre per "Essere San Paolo oggi vivente" |