L'amore del Cristo ci spinge

Itinerario spirituale della Famiglia Paolina in Italia - Anno 2008

 

L'AMORE DEL CRISTO CI SPINGE

L'apostolo e l'apostolato
nella seconda lettera ai Corinzi

Itinerario spirituale della Famiglia Paolina

Programma 2006-2008

Anno 2006
Amati da Dio, Santi per Vocazione
La Vocazione secondo la lettera ai Romani

Anno 2007
Voi siete Corpo di Cristo
La Comunità alla luce della prima lettera ai Romani

Anno 2008
L’Amore del Cristo ci spinge
L’Apostolo e l’apostolato nella seconda lettera ai Corinzi.

 

PRESENTAZIONE

 

Carissime sorelle, cari fratelli!

La dinamica degli Esercizi spirituali, offrendo a ciascuno un tempo propizio di incontro con la Parola, di preghiera e di approfondimento, permette di far crescere in noi la speranza: che il Regno di Dio venga in mezzo a noi! Ad imitazione di Gesù, chiamati da Dio alla sua sequela, consacrati ed inviati nel mondo, dobbiamo continuarne la sua missione.
Quanto più come consacrati ci lasciamo conformare a Cristo, tanto più lo rendiamo presente e operante nella storia per la salvezza degli uomini. Dobbiamo aprirci alle necessità del mondo nell'ottica di Dio, guardare al futuro con il sapore della risurrezione, pronti a seguire l'esempio di Cristo che è venuto fra noi a dare la vita e darla in abbondanza (Cf Ripartire da Cristo, 9).
Soffermiamoci nella preghiera e nella meditazione su quanto di più "pratico" sentiamo di dover vivere, il nostro apostolato paolino: questo spazio di silenzio orante ci riconcilia con noi stessi e ci porta al cuore del nostro carisma.
È necessario ripensare a Don Alberione e alla sua smisurata creatività apostolica: da dove veniva tutta questa fantasia della carità'; tutto questo zelo per le anime, tutta questa forza di annuncio, di evangelizzazione? La risposta non è mai scontata. Non è scontata per noi, alla ricerca di uno rinnovato slancio apostolico.
Uno sguardo realistico alla situazione della Chiesa e del mondo ci obbliga a cogliere le difficoltà in cui si trova a vivere anche la nostra vita consacrata. Tutti siamo consapevoli delle prove e delle purificazioni a cui oggi siamo sottoposti. II grande tesoro del dono di Dio è custodito in fragili vasi di creta (Cf 2Cor 4,7) e il mistero del male insidia anche noi che dedichiamo a Dio tutta la nostra vita. Ma in una visione di fede anche il negativo può essere occasione per un nuovo inizio, se in esso si riconosce il volto di Cristo, crocifisso e abbandonato, che si è fatto solidale con i nostri limiti fino a portare «i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce» (1Pt 2,24). La grazia di Dio, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza (Cf 2Cor 12,9; Cf Ripartire da Cristo, 11).
Uniti come Famiglia Paolina, portiamo a compimento questo progetto triennale che, partendo dall'identità della vocazione, è passato attraverso il tema fondante della comunità e ora ci chiede di gettare lo sguardo più oltre, nel terreno spesso inesplorato e sempre più complesso dell'apostolato.

Il nostro Padre san Paolo con la sua parola ispirata ci indica un cammino sicuro. Il beato Giacomo Alberione, nostro Fondatore, ha sperimentato sulla sua pelle l'abbondanza della ricchezza della grazia di Dio.
Anche quest'anno raccogliamo nuovi frutti dal percorso spirituale - per l'elaborazione del quale ringrazio l'équipe di Famiglia Paolina che vi ha lavorato - frutti che saranno la vera primizia della nostra fecondità apostolica.

don AMPELIO CREMA, SSP

Superiore Provinciale

Introduzione

Il trittico 2006-2008: vocazione, comunità, apostolato

L'itinerario spirituale, proposto in questo triennio all'intera Famiglia Paolina, ci ha posto in dialogo con l'apostolo Paolo. Le te­matiche portanti che ci siamo proposti di accostare sono tre: la vocazione, la comunità e l'apostolato.

• Il primo tema, quello della vocazione, ha fatto da sfondo alla riflessione dell'anno 2006. Il testo di riferimento è stato quello della lettera ai Romani, che ci ha aiutato ad approfondire l'universale chiamata alla vita che viene da Dio, la particolare vocazione alla sequela di Cristo e la pienezza della nostra risposta nella docilità allo Spirito Santo. Il tutto nella prospettiva della "partecipazione" alla vita divina.

• Il tema della comunità è stato al centro del 2007, alla luce della prima lettera ai Corinzi. Abbiamo dato ampio spazio soprattutto ai capitoli 12-14 di questa lettera, dove la comu­nità cristiana viene presentata come il luogo per eccellenza della crescita umana, nella complementarità dei doni di ciascuno e nel dinamismo proprio di quell'amore (agape), le cui sfumature risplendono nella vita stessa di Cristo.

Quest'anno approfondiremo l'identità dell'apostolo e i fondamenti dell'apostolato sulla scia della seconda lettera ai Corinzi. Volutamente accostiamo il termine "apostolato" a quello di "missione", perché tale sostantivo non solo richiama un tratto caro alla "tradizione di casa", ma anche perché ci ricorda che, nel nostro essere e fare, siamo continuatori degli apostoli, in un prioritario cammino di conformazione a Colui che è l'Apostolo e l'Inviato per eccellenza: Cristo.

Come negli anni precedenti, offriremo alla meditazione degli esercitanti non l'intera lettera ma solo alcuni passi scelti.
Ci auguriamo vivamente che la conclusione di questo triennio continui a sostenere lo slancio per una vita spesa con gioia e con fedeltà.

"Chi è l’apostolo?
Apostolo è chi porta Dio nella propria anima
E lo irradia attorno a sé.
E’ un santo che accumula tesori,
e ne comunica l’eccedenza alle anime.
E’ un cuore che ama tanto Dio e gli uomini,
e non può comprimere in sé quanto sente e pensa.
E’ un ostensorio che contiene Gesù Cristo
E spande una luce ineffabile intorno a sé.
E’ un vaso di elezione che riversa perché troppo pieno,
e della cui pienezza tutti possono godere.
E’ un tempio della SS.Trinità,
la quale è sommamente operante;
trasuda Dio da tutti i pori:
con le parole, le opere, le preghiere,
i gesti, gli atteggiamenti;
in privato ed in pubblico.
Ora, con questo ritratto,
esaminate il volto di persone, vicvine o lontane;
riconoscete in esso l’apostolo?
In sommo grado, con inarrivabile somiglianza
È il volto di Maria.
Poi seguirà Paolo”.
   Beato G.Alberione  (RdA 34-35)

Un tentativo di ricostruzione

La corrispondenza tra Paolo e i Corinzi

Prima di ricostruire il possibile sfondo della seconda lettera ai Co­rinzi, ci sembra opportuno richiamare quanto già dicevamo lo scorso anno, in riferimento alla relazione tra Paolo e i cristiani di Corinto.
L'apostolo scrisse ai Corinzi più lettere che a qualunque altra chiesa. Il Nuovo Testamento ne contiene solo due, ma queste ne citano al­meno altre due, la "lettera precedente" (1Cor 5,9) e la "lettera delle la­crime" (2Cor 2,4). Se a ciò si aggiunge il fatto che molto probabilmen­te la seconda lettera ai Corinzi è la fusione di tre distinti scritti, il numero delle missive aumenta. Qualcuno, forse esagerando un poco, ha ipotizzato ben nove lettere tra Paolo e la comunità.
Personalmente penso che ci siano buoni motivi per ritenere la 1Cor uno scritto unitario e la 2Cor la fusione di tre scritti, tra i quali una parte della citata "lettera delle lacrime". In questa sede, facciamo nostra l'ipotesi (attenzione! Resta pur sempre una "ipotesi"!), secondo la quale Paolo avrebbe scritto cinque lettere ai Corinzi, secondo quest'ordine:
1) la "lettera precedente" (1Cor 5,9) andata perduta;
2) la prima lettera ai Corinzi;
3) la "lettera delle lacrime", contenuta in parte in 2Cor 10-13, dopo una seconda visita alla comunità;
4) la lettera contenuta in 2Cor 1-7, dopo la mediazione di Tito;
5) lo scritto relativo alla colletta contenuto in 2Cor 8-9.
La sintesi, di cui sopra, serve per ricostruire un'ipotetica cornice all'interno della quale collocare gli episodi della lettera di nostro interesse, ma non saremmo onesti se non precisassimo che questa ricostruzione lascia aperti interrogativi e incertezze, prima di tutto di ordine storico (abbiamo pochi elementi per ricostruire come siano andati realmente i fatti) e poi di ordine letterario (è abbastanza unanime l'individuazione di tre distinti blocchi tra 2Cor 1-7, 2Cor 8-9 e 2Cor 10-13, ma è difficile definire l'ordine con cui essi sono stati scritti e ricomposti).

La " Lettera dei quattro capitoli " : 2Cor 10-13

Le situazioni a cui fanno riferimento la prima e la seconda lettera sono profondamente diverse. Stando a 1Cor 16,5-9 Paolo si propone di rimanere a Efeso fino a Pentecoste. Pensa, quindi,  di recarsi in Macedonia per poi scendere a Corinto. Nel frattempo, però, per far fronte ai problemi della comunità, invia Timoteo quale suo delegato.
Giunto a Corinto con la lettera (1Cor), Timoteo si rende subito conto che le cose non vanno. I problemi citati nell'epistola, di cui egli è latore, sono poca cosa di fronte a quanto egli si trova a constatare. L'atteggiamento di alcuni fratelli rischia di trasformare le indicazioni dell'apostolo in lettera morta: essi screditano Paolo e, di fatto, stanno avendo un grande impatto sulla comunità... Ma questo è ancora poco: essi distorcono l'annuncio del Vangelo. Il problema è che si tratta di fratelli in vista: persone agiate, presso le quali si raccoglie la comunità, persone dotate di evidenti carismi, responsabili che godono la stima di altre Chiese (probabilmente Antiochia e Gerusalemme), uomini ben formati.
Informato della cosa, Paolo cambia i suoi progetti e si presenta a Corinto. È pronto all'impatto, ma probabilmente non immagina che la situazione, in così poco tempo, sia potuta de­generare tanto. La sua visita sembra risolversi in un "disastro" dal punto di vista umano, un fallimento e un'umiliazione per l'apostolo.
Paolo viene affrontato a viso aperto davanti a tutta la comu­nità, da quelli che egli chiamerà ironicamente "superapostoli"; viene accusato di debolezza, addirittura di furto (egli prende­rebbe dalla colletta quanto rifiuta dai fratelli), insultato come un apostolo da quattro soldi che non sa parlare, giudicato come un incapace e un battitore libero che non ha il sostegno delle Chiese e nemmeno di Dio. La prova di tutto questo? Le continue persecuzioni a cui è soggetto. Tra gli oppositori, uno sembra farsi portavoce per gli altri.
Come reagisce Paolo? Se ne va, rinunciando a difendersi e portando Timoteo con sé.
Ma non passa molto tempo e i Corinzi si trovano di fronte Ti­to che reca un altro scritto dell'apostolo. La scelta del mediatore è ponderata: Tito è un uomo di polso, capace di diplomazia e fermezza, ma è soprattutto il discepolo greco non circonciso, ben radicato nel Vangelo, testimone di prima mano del famoso incontro di Gerusalemme narrato in Gal 2,1 - 10 e in At 15. La lettera che porta con sé - lo si recepisce perfettamente – intreccia   parole di fuoco e sentimenti vivi di un affetto provato e sofferto. Da qui nasce l'ipotesi che essa possa offrire uno stralcio di quel­la lettera andata perduta, nota come "lettera delle lacrime". So­no i capitoli 10-13 dell'attuale 2Cor. Sono capitoli preziosi per ricostruire la questione. Paolo smaschera la situazione senza mezzi termini: talento, lettere di raccomandazione, titoli di van­to, esibizione di esperienze estatiche sono lo "specchietto per le allodole" che ha indotto molti a rifiutare la sua autorità, per aggrapparsi a "superapostoli" che assicurano un futuro più certo e un'esperienza di Dio più "a fior di pelle".
Le parole di Paolo strappano la maschera ai suoi avversari e aprono gli occhi sull'identità del vero apostolo. Con una certa reticenza, Paolo esibisce le sue "credenziali": nessun talento, ma la scienza intima e viva del Vangelo; nessuna lettera di raccomandazione, ma la gratuità dell'annuncio; molti titoli di vanto, ma l'unico che merita di essere sottolineato è quello che la comunità rifiuta: la debolezza; esperienze estatiche forti, ma proprio perché tali custodite nel silenzio. La comunità deve scegliere.

La " lettera della consolazione ": 2Cor 1-7

Che effetto ha la lettera di 2Cor 10.13? Ha l'effetto di una forte scossa. La comunità si ricompone; i fratelli agiscono con radicalità con chi ha affrontato Paolo; molti attendono con ansia l'annunciato ritorno dell'apostolo (2Cor 1,15-16).
Ma Paolo non torna. Questo suo silenzio inquieta non poco i Corinzi e qualcuno ne approfitta per affermare che Paolo è una banderuola al vento: dice una cosa e ne fa un'altra. Scrive "sì" e fa "no". Aveva promesso di tornare e non è tornato. Paolo, inve­ce, si trova in brutte acque: tornato a Efeso, rasenta la morte (2Cor 1,8-11). Probabilmente viene messo in prigione e condannato, grazie alle pressioni di quanti anche a Efeso lo considerano una persona scomoda, che intralcia i loro interessi. La depo­sizione improvvisa del proconsole e il nuovo panorama politico della città annulla la sentenza a suo carico e permette a Paolo di ritrovare la libertà.
Scampato il pericolo, Paolo si dirige verso Troade, sperando di trovarvi Tito, di ritorno da Corinto. Vuole avere notizie circa la comunità. Questi, però, per consolidare un poco i fratelli ritiene opportuno intrattenersi più del previsto. In pena per tale  ritardo, Paolo si incammina verso la Macedonia incontrando solo lì il discepolo. Da tale incontro, che rassicura e consola Paolo, scaturisce una nuova lettera che prepara il viaggio di Paolo a Corinto: sono i capitoli 1-7 di quella che oggi è la seconda lettera ai Corinzi. Paolo ricostruisce tutto quello che gli è successo (2Cor 1,8-11) giustificando i motivi del suo ritardo (2Cor 1,23-2,2). Anche in Macedonia le cose non vanno molto bene (2Cor 7,5-6), ma la consolazione della ritrovata comunione con i Corinzi vale per Paolo più di ogni altra cosa ed egli ne approfitta per puntualizzare i tratti che sono a fondamento del ministero apostolico.

L'apostolo e i suoi avversari

Gran parte della seconda lettera ai Corinzi gioca sul confronto tra i "superapostoli" e Paolo, precisando i tratti che qualificano l'autentico ministero apostolico. Può essere significativo, in questa sede, ricostruire l'identità degli avversari di Paolo e gli argomenti che quest'ultimo utilizza per screditare le loro posizioni.

Gli avversari

Affrontati da Paolo senza mezzi termini, vengono definiti come falsi apostoli, operai fraudolenti, ministri che distorcono il Vangelo, pagliacci che, come Satana, si mascherano da angeli di luce, uomini stolti, schiavisti che divorano, sfruttano, usano arroganza e violenza, mercanteggiano la Parola di Dio, predicano se stessi, facendosi latori di un ministero di morte e di un annuncio che reca in sé la pesantezza della pietra e l'inflessibilità della legge.
Chi sono questi avversari di Paolo? Perché tanta veemenza da parte dell'apostolo?
Gli avversari sono credenti che seminano confusione nelle comunità fondate da Paolo e che mettono in atto tutte le strategie possibili per screditare la sua persona e il suo annuncio. Giudei di origine, non accettano l'apertura delle comunità al mondo pagano. In discussione non c'è solo la questione della fede o della circoncisione.
C'è molto di più: c'è la questione cristologica. Per Paolo Gesù non è solo l'uomo accreditato da Dio che compie l'attesa messianica; Gesù è molto di più: egli è l'immagine di Dio (2Cor 4,4), colui sul cui volto rifulge la gloria divina (2Cor 4,6). Questo gli avversari non lo accettano.
Vera "spina nella carne", i falsi apostoli inseguono Paolo dovunque egli predica e, appena lascia le comunità per dirigersi altrove, vi entrano, traendo dalla loro parte i responsabili e generando confusione.
Inviati dalle frange più estremiste della comunità di Gerusalemme e di Antiochia, abili nel parlare e nel convincere, attaccano l'apostolo definendolo un impostore, un illustre sconosciuto, un poveraccio che non ha credito presso gli apostoli, un profano nell'arte del parlare; uno che, stringi stringi, non si fida delle stesse comunità da lui fondate, visto che non accetta alcuna forma di dipendenza economica; uno che nemmeno Dio accredita, visto che lo espone continuamente a esperienze di persecuzione e di rifiuto.

L' apostolo

Di fronte alla minaccia rappresentata dagli avversari, Paolo si sente in dovere di reagire, delineando senza sconti le qualità del vero apostolo e la logica che accompagna il suo ministero.
Un apostolo non può che ricalcare i lineamenti del Cristo: la sua gratuità, il rifiuto di ogni ostentazione, l'esperienza della forza che opera nella debolezza, l'attenzione ai singoli e alla comunità tutta che, lungi dall'essere presa poco in considerazione, è la vera lettera inviata al mondo, una lettera scritta con lo Spi­rito del Dio vivente, conosciuta e letta da tutti gli uomini.
I fratelli che Paolo ha generato alla fede sono suo vanto e tem­pio del Dio vivente. Rivolgendosi ai credenti l'apostolo precisa: «Tutto è per voi, perché la grazia ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio» (2Cor 4,15). Il vero apostolo non è colui che è abile nel parlare, colui che suscita gli applausi delle folle e le convince con segni prodigiosi o esperienze estatiche, ma colui che è cosciente di portare un tesoro in vasi di creta perché in ogni esperienza appaia che la potenza che agisce attraverso il suo annuncio viene da Dio.
Circa il ministero apostolico, essendo un ministero guidato dallo Spirito e non da obiettivi umani, ripercorre le vie incarnate da Cristo. È segnato dalla tribolazione, dalla debolezza, dalla persecuzione, dalla morte stessa... ma l'amore che lo abita, in ognuna di queste circostanze, rappresenta un'anima feconda e indistruttibile che porta Paolo a gridare: «Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Cristo, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale» (2Cor 4,8-11).
Come bene si esprime il biblista Patrizio Rota Scalabrini: «L'apostolato è un altissimo e terribile compito che trascende - e Paolo ne è pienamente cosciente - le capacità umane e che richiede all'apostolo di non essere un "kàpelos", cioè un oste di infimo livello che offre vino adulterato. Al contrario, egli è davvero autentico apostolo, che non opera alcuna contraffazione della Parola di Dio, perché mosso da sincerità da parte di Dio e che sempre agisce alla presenza divina, in comunione costante con Cristo. Qui si radica la fecondità del suo ministero, il suo spandere dappertutto il buon profumo della conoscenza di Cristo».

DON GIACOMO PEREGO SSP


Per approfondire

Per chi desidera avere una panoramica introduttiva circa la seconda lettera ai Corinzi suggerisco i numeri 5-6 della rivista Parole di vita del 2002.
I diversi interventi affrontano le questioni relative ai problemi storici e letterari della lettera e offrono un commento alle sezioni più significative.
Per ulteriori approfondimenti si possono consultare i commentari, gli studi e i testi di spiritualità biblica indicati di seguito.

Commenti

- B. CORSANI, La seconda lettera ai Corinzi. Guida alla lettura (Piccola collana moderna), Claudiana, Torino 2000.
- F. MANZI, Seconda lettera ai Corinzi (I libri biblici), Paoline, Milano 2002.
- A. PITTA (cur.), La seconda lettera ai Corinzi (Commenti biblici), Borla, Roma 2006.
- M.E. THRALL, Seconda lettera ai Corinzi. Vol. 1. Commento ai capitoli 1-7, Paideia, Brescia 2007.

 

Studi

- J. J.Murphy-O'Connor, La teologia della seconda lettera ai Corinzi, Paideia, Brescia 1993.
- J. Murphy-O'Connor, Paolo. Un uomo inquieto, un apostolo insuperabile, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007.
- J. Murphy O'Connor Paolo e Gesù. Vite parallele, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008.

Commenti spirituali


- M. Orsatti, Armonia e tensioni nella comunità (Lettura pastorale della Bibbia), Dehoniane, Bologna 1998.
- C.M. MARTINI, Paolo nel vivo del ministero, Ancora, Milano 1999. C.M. MARTINI, La debolezza è la mia forza. Meditazioni sulla seconda lettera ai Corinzi, Piemme, Casale Monferrato 2000.
- I. GARGANO, Lectio divina sulla seconda lettera ai Corinzi (Conversazioni bibliche), Dehoniane, Bologna 2006


Per la meditazione e la preghiera


Ogni giorno, insieme con i brani della Parola di Dio, tratti dalla seconda lettera ai Corinzi, sono proposti:
La parola del Fondatore è tratta dal volume "Apostolato Stampa", edito in Alba nel 1933. Notevole il visto in ultima pagina: "Visto, non solo si permette, ma si raccomanda vivamente la stampa. Alba, 10 giugno 1933. Mons. F. Chiesa, Amm. Ap.». Si tratta di un libro originale e programmatico per la Famiglia Paolina. II libro viene poi rieditato "in parte preponderante" nell'Apostolato dell'edizione, 1944. Le preghiere, al termine di ogni giorno, sono del beato Giacomo Alberione. La citazione in calce rimanda all'opera da cui sono tratte.  In Appendice vengono riportati brani di meditazioni del beato Alberione, tenute alle diverse istituzioni della Famiglia Paolina.

pag.12

(il testo completo è di pag.71)

 

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Da pag.65 a pag.68 del testo

Alle Annunziatine
(MCS, pp. 184ss)

 


"IL PROFUMO DI CRISTO OVUNQUE!"

Verginità e maternità spirituale, qui è il grande segno dell'amore particolare che il Signore ha per voi.
Potersi consacrare a Dio con abiti comuni e vita libera, nel senso che è diversa dalla vita comune propriamente detta, è uno stato preziosissimo, più prezioso di quello che vivono le suore; perché voi sotto un certo aspetto vivete in maggiori pericoli ed è molto più difficile osservare la castità, l'obbedienza, l'apostolato nell'ambiente in cui si vive, nelle varie attività della giornata, nelle varie occasioni e nei vari luoghi. Sì, portare quindi la vita di perfezione nel mondo, in mezzo alla famiglia: ci sarà la mamma, ci sarà il papà, ci saranno i fratelli. Essere le prime nella parrocchia, nelle attività di zelo, per esempio, nell'Azione Cattolica, nelle attività catechistiche, in ogni ambiente, anche nella fabbrica, anche negli uffici. La vita di perfezione, il profumo di Cristo ovunque! Gli altri potranno anche ridere, anche insultare, ma il loro ridere non viene dal cuore. Essi, vedendo la virtù, piuttosto ammirano anche se non lo manifestano. La vita di perfezione non chiusa nel convento, ma portata in tutti i luoghi, in tutti gli ambienti, anche se uno esercita un commercio, anche se è operaio in una grande fabbrica, anche se deve stare magari tutto il giorno nel negozio perché quello è il suo piccolo lavoro da compiere. E quante volte è sacrificio stare lì e privarsi della gioia di vivere fra quattro mura di un convento!
Il secondo segno del grande amore che il Signore ha per voi è che potete esercitare tutti gli apostolati che sono possibili e adatti alle vostre particolari condizioni. Se c'è una maestra esercita l'apostolato nella scuola; un'operaia lo esercita nel suo ambiente e nelle associazioni varie a cui forse è iscritta; così se è in famiglia, o in un ambiente più facile, o in un ambiente più difficile. Tutti gli apostolati! Noi, in primo luogo, consigliamo gli apostolati della stampa, del cinema, della radio e della televisione; però tutti gli apostolati sono validi, nessuno è escluso. Ognuna si sceglie il suo, secondo le circostanze di luogo e di tempo, secondo le sue inclinazioni e attitudini. Lavorare per le anime, il Signore vi mette in mano tante anime! (...)
I membri degli Istituti Secolari sono il lievito della società in tutta la massa di uomini, nella quale fanno lievitare lo spirito cristiano, portano pensieri di Dio, portano la loro preghiera, portano la loro parola, portano il loro buon esempio. Essi fanno lievitare la società in senso cristiano. Se avessimo tante di queste anime un po' in tutto l'ambiente sociale, dalla parrocchia e dalla famiglia alla politica, alla camera dei deputati, ai giornalisti, a quelli che fanno gli spettacoli specialmente di cinema, di radio, di televisione, la massa della società sarebbe lievitata.
Poi il Papa paragona ancora l'azione dei membri degli Istituti Secolari al sale. Il sale purifica, dà gusto, preserva dalla corruzione. Il sale messo in una grande pentola di minestra, supponiamo, si scioglie e rende gustose tutte le molecole, tutte le particelle di quel cibo. Così i membri degli Istituti Secolari penetrano in tutte le parti della società e portano la loro luce, il loro senso cristiano, il loro buon esempio, il buon odore di Cristo.

Come vivere l'esercizio di preghiera

Condizione fondamentale nell'itinerario degli esercizi è accogliere l'invito a riflettere sull'esperienza vissuta nella preghiera, per essere in grado di discernere dove ci conduce lo Spirito. Di qui l'importanza dei vari esercizi di preghiera che scandiscono il ritmo della giornata, e delle modalità con le quali essi si vivono.
Facciamo nostri alcuni suggerimenti pratici, che ci vengono dai maestri di spirito specialisti in materia:


* Scelgo il  luogo della preghiera (il luogo, cappella o camera, che meglio favorisce l'ascolto di Dio);

*in preghiera presento a Dio il  desiderio  che porto in cuore (questo per stabilire l'incontro dialogico con il Signore , mancando il quale tutto potrebbe ridursi ad esercizio intellettuale);

*consegno tutta la mia persona a Gesù Maestro e Pastore, in ascolto e dialogo:

 - leggo il brano proposto, lo rileggo, cerco di capire cosa il Signore mi vuole comunicare: è l'incontro della mente con Gesù-Verità;
- rileggo il brano evidenziando come il Signore mi parla, fino a quando qualche parola mi coinvolga pienamente: è l'incontro del cuore con Gesù-Vita;

- chiedo al Signore di indicarmi la modalità per aderire a quanto mi sta comunicando: è l’incontro della volontà con Gesù-Via;

ringrazio, con Maria, con san Paolo, con don Alberione, con...
* verifico l'esercizio di preghiera. Faccio emergere pensieri, sentimenti e decisioni...

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Scrive Teofane il Recluso: «Quando pronunciate la vostra preghiera, cercate di fare in modo elle esca dal cuore. Nel suo vero senso, la preghiera non è altro che un sospiro del cuore Verso Dio; quando manca questo slancio, non si può parlare di preghiera»  (cf Spidlìk,  L'arte di purificare il cuore, Lipa, p. 79).

 

SCHEMA PER L'ESAME DI COSCIENZA

 

Con lo sguardo rivolto a Gesù crocifisso che mi ha amato da sempre, mi ama in questo istante, mi attende per offrirmi il perdono e portarmi nell'abbraccio riconciliante col Padre, mi dispongo ai seguenti passi:

* Conoscenza

Chiedo il dono di conoscere la mia realtà. È l'azione della grazia di Dio in me, che mi rende capace di conoscere la ricchezza dei doni ricevuti e anche la consapevolezza di portare «questo tesoro in vasi di creta» (2Cor 4,7).

Riconoscenza

Mi apro al grazie!
Mi pongo davanti alla mia vita riconoscendomi figlio amato e atteso per l'abbraccio del Padre, e compio il mio memoriale d'amore.

* Coscienza

Riconosco il mio peccato e manifesto il mio dolore.
Il Signore mi chiede di cooperare al dono della conversione e di essere attivamente impegnato nel cambiamento che mi propone. Come ho vissuto il "grazie", ora scopro i segni della mia ingratitudine, che è il mio peccato.

* Ripartenza

Mi impegno insieme con Dio. «Se uno è in Cristo è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17).

2009 Conosci tuo Padre per "Essere San Paolo oggi vivente"